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Pinacoteca del Pio Monte della Misericordia, Napoli
Palazzo e Quadreria del Pio Monte
La storia del Pio Monte della Misericordia è legata all’origine al più importante degli ospedali napoletani, quello degli Incurabili, fondato nel 1521 per volere della gentildonna spagnola Maria de Lonc ed intitolato a Santa Maria del Popolo. In questo grande complesso, che mostrava una plurifunzionalità tipica degli “spedali” di quelle epoche, in cui il povero e il malato si confondevano in un unico oggetto di assistenza, si colloca l’opera assistenziale dei primi membri del Pio Monte, che con le proprie risorse e la raccolta di elemosine cittadine provvedevano all’acquisto di quanto poteva servire ai “malati incurabili” ospitati nella struttura. Ampliati gli scopi assistenziali con la formale istituzione del Monte, e grazie alla crescita dei suoi fondi, il sodalizio lascia l’Ospedale degli Incurabili e la Chiesa di Santa Maria del Popolo, dove si riuniva, e comincia a comprare fabbricati e costruire proprie “opere”. Nel 1604, acquistati due edifici in via dei Tribunali, vi ricava una sede operativa e la Chiesa intitolata alla Madonna della Misericordia, in cui viene collocata la grande tela del Caravaggio, commissionatanel 1607 per l’altare maggiore. Ma il sodalizio cresce e con esso le sue attività ed il suo prestigio. Diviene pertanto necessario un ampliamento della sede, che si effettuerà dal 1658 al 1672 con l’acquisizione di altri stabili nell’isolato per la costruzione di una nuovo edificio del Monte e il rifacimento della primitiva Chiesa. L’incarico viene dato a Francesco A. Picchiatti, architetto ingegnere ordinario del Monte e allievo di Cosimo Fanzago: il progetto prevede una Casa, il cortile e la Chiesa con atrio (un grande portico che ingloba l’ingresso della chiesa e quello del palazzo), inserito per creare uno spazio di separazione dall’importante ma affollata via dei Tribunali, antico decumano maggiore della città. Il complesso architettonico così realizzato, sulla cui facciata spicca il motto del Pio Monte “Fluent ad Eum Omnes Gentes”, primeggia tra le opere maggiori del barocco napoletano. E l’ente, il cui prestigio è ribadito e amplificato nella centralità della sua ubicazione cittadina, riserverà al contesto urbano e sociale dove si trova collocato (la Sezione) il privilegio esclusivo di essere sempre compreso tra le sezioni cittadine in cui esercitare l’opera di visitare ed assistere gli infermi.Oggi, oltre agli uffici dell'ente, il Palazzo ospita la Quadreria dove è conservato gran parte del notevole patrimonio storico ed artistico accumulato dal sodalizio nei suoi quattrocento anni di storia.
Storia del Museo
Il Pio Monte della Misericordia
Il Pio Monte della Misericordia sorge nel 1602, ad opera di sette nobili napoletani che vollero costituire un'istituzione laica che esercitasse le opere di misericordia corporale. La prima sede, opera di Giovan Giacomo di Conforto, divenne ben presto disagevole per il rapido sviluppo del Monte, e fu sostituita da quella attuale, situata sulla chiassosa e frequentatissima via dei Tribunali. L'architetto Francesco Antonio Picchiatti, incaricato del progetto nel 1658, dovette affrontare notevoli problemi di esiguità spaziale che risolse dividendo in tre ordini il disegno della facciata, con un ampio porticato proiettato sulla strada, espressione dell'accoglienza adottata dalla pia istituzione e ricordata dall'iscrizione del fregio superiore "Fluent ad eum omnes gentes". Forse furono gli stessi committenti ad esigere un edificio dove prevalessero elementi di architettura civile, piuttosto che religiosa, a conferma della laicità dell'opera, perciò la chiesa non è visibile dall'esterno. La sobrietà e la compostezza della facciata esterna sono replicate dal Picchiatti anche nel disegno della chiesa, realizzata a pianta ottagonale con una cupola a spicchi a sesto acuto e due ordini di finestre che diffondono una luce rarefatta. Alcuni elementi di gusto barocco, come le mensolette su cui poggiano le lesene dei pilastri, le singolari acquasantiere, o il pavimento in cotto incorniciato da marmi policromi, si inseriscono con estro in questo contesto classicizzante.
La Fondazione del Monte
Al principio del Seicento (1601), sette rampolli di nobili famiglie cittadine decisero di aggregarsi per la "raccolta" di beni a scopo caritativo. Inizialmente, la loro attenzione fu rivolta al solo Ospedale degli Incurabili, dove - prima con frequenza mensile e poi il venerdì di ogni settimana - si recavano in coppia a visitare gli infermi. Essi stabilirono inoltre che ogni membro del Monte oltre ad autotassarsi dovesse anche occuparsi di seppellire i poveri morti nelle cave dell'Ospedale e raccogliere tra i cittadini più abbienti le elemosine da devolvere all'Ospedale. Ben presto il numero degli associati aumentò (ma senza superare gli 80 iscritti), e il 19 aprile 1602 venne stilata la Capitolazione, l'atto di fondazione del Sacro Monte della Misericordia (poi Pio Monte) formalmente riconosciuto dal re di Spagna nel 1603. Da quel momento in poi i confratelli, ispirandosi ai dettami evangelici (Matteo, XXV, 25, 34), cominciarono a dedicarsi a tutte le Opere di Misericordia Corporale, dando origine ad un’ampia, articolata e complessa attività caritativa e assistenziale basata su interventi di sussidio regolari e straordinari a favore della popolazione napoletana di "poveri onesti" e di "poveri vergognosi". L'accumulo di fondi, attraverso elemosine, lasciti, donazioni, ecc. creò la necessità di organizzarsi con una struttura e regole più specifiche, e fu così che nacque il "Sacro Monte", inserendosi tra le molte istituzioni simili operanti nel tessuto urbano napoletano. Seguendo orientamenti diffusi dell'epoca, per entrare nel sodalizio bisognava essere, non solo uomini "di buona vita" (come nel caso, per esempio, del Pio Monte dei Musici), ma "gentiluomini ragguardevoli", "convenienti al decoro del Monte", e vi si accedeva solo dietro opportuno consenso della maggioranza dei confratelli e dopo aver frequentato per almeno sei mesi l'opera del venerdì presso l'Ospedale degli Incurabili. Singolare per quei tempi fu poi l'ammissione delle donne "ma solo come benefattrici" sancita nel 1611 dai sette Governatori del Monte. La crescita dell'ente e l'aumento del patrimonio gestito richiesero la creazione di una sede "degna di prestigio": un palazzo con annessa una Chiesa, per la quale furono commissionate opere di grande valore artistico, situati nel cuore della città storica quali segni essenziali del rilievo politico-culturale e della "visibilità" sociale del sodalizio.
La Quadreria del Pio Monte della Misericordia
Nei suoi quattrocento anni di storia, il sodalizio ha agito come un «centro propulsore di cultura» ed ha raccolto una ragguardevole collezione di dipinti, argenti e pianete, mobili ed elementi d'arredo pregiati e libri antichi. Il piano nobile della sede del Pio Monte ospita la Quadreria, allestita secondo il criterio di una casa-museo, in cui sono esposti la collezione di dipinti (ca. 150) e altri beni artistici della congregazione. L'ingente patrimonio pittorico è costituito essenzialmente da tre nuclei principali di opere: i 41 dipinti di Francesco De Mura, da egli stesso lasciati in eredità al Monte nel 1783, un più cospicuo gruppo di tele donate da Maria Sofia Capece Galeota nel 1938 e i dipinti di artisti vari commissionati direttamente per la Chiesa di Nostra Signora della Misericordia o diversamente pervenuti al Pio Monte nel corso dei secoli.
Chiesa del Pio Monte della Misericordia
La prima chiesa del Monte fu progettata da Giovan Giacomo di Conforto nei primissimi anni del Seicento e subito impreziosita dai dipinti per l’altare maggiore, per cui fu chiamato a Napoli il Caravaggio, e per gli altri altari i migliori artisti napoletani disponibili in quegli anni, Battistello Caracciolo, Fabrizio Santafede, Giovan Bernardo Azzolino e Giovan Vincenzo Forlì, oltre a Giovanni Baglione, proveniente dalla corte romana di Sisto V. Nell’arco di mezzo secolo già si avvertì l’esigenza di una chiesa nuova, per il rapido incremento di attività che aveva avuto il sodalizio, e si affidò l’incarico a Francesco Antonio Picchiatti. Della prima chiesa del Conforto poco o nulla si conosce, ma i capolavori che la impreziosirono furono prontamente collocati nella nuova chiesa, tranne il dipinto del Baglione che fu sostituito con una tela di Luca Giordano. L'architetto Picchiatti, che iniziò i lavori alla chiesa ed al palazzo nel 1658, si trovò ad affrontare notevoli problemi di esiguità spaziale, risolvendoli con un progetto di estrema razionalità e compostezza, sia nella facciata esterna che nel disegno della chiesa. Questa ha pianta ottagonale ed è articolata in sette cappelle nelle quali le tele d’altare raffigurano le sette opere di misericordia in diversi episodi. La cupola con spicchi a sesto acuto, ha due ordini di finestre che espandono un dilatato chiarore. All’interno di uno spazio architettonico sobriamente classico, alcuni elementi, progettati dal Picchiatti stesso, si inseriscono con creatività barocca, come il pavimento in cotto incorniciato da marmi policromi, le mensolette su cui poggiano le lesene dei pilastri ed in particolare le bizzarre acquasantiere
Eredità De Mura
Nella quinta sala della Quadreria del Pio Monte, tradizionalmente conosciuta come 'Sala del Vecchio Governo', vi sono esposte tutte opere che Francesco De Mura donò al Pio Monte, tra cui i bozzetti per gli affreschi per la chiesa dei SS. Severino e Sossio e per il Palazzo Reale. Alla serie composta da tre tele con "Storie di San benedetto", vanno aggiunti quattro studi d'angelo a monocromo esposti nella stessa sala, tutti facente parte dei bozzetti eseguiti per la chiesa di SS. Severino e Sossio, cui De Mura lavorò tra il 1738 ed il 1746, in fasi discontinue.Complessivamente i bozzetti per le decorazioni ad affresco della chiesa dei SS. Severino e Sossio, appartenenti al lascito De Mura, erano quattordici: quattro risultano dispersi nell'Ottocento; tre passarono al Museo Nazionale e ora sono a Capodimonte, mentre i quattro studi d'angeli già citati sono ancora nella Quadreria del Pio Monte. Fanno parte del nucleo anche il "Ritratto della presunta moglie del pittore" del 1735 circa e le tele della "Maddalena Penitente" e di "San Paolo Eremita", opere della tarda maturità del pittore, realizzate dopo 1750.
Eredità Carelli - Capece Galeota
Fa parte delle collezioni del Museo il lascito della famiglia Capece Galeota, discendenti dei Tocco, di cui si conservano in Quadreria i ritratti equestri di Carlo Tocco (1642 ca.) e di Leonardo Tocco (1727 ca.), donata nel 1933 al Pio Monte.
Seicento napoletano
Mentre la prima sede del Pio Monte della Misericordia, opera di Giovan Giacomo di Conforto, era ancora in costruzione, arrivò il Breve Apostolico di Papa Paolo V che riconobbe i privilegi all’altare maggiore (18 gennaio 1606). I Governatori del Monte scelsero di commissionare l’opera a Michelangelo Merisi da Caravaggio e probabilmente essi stessi lo invitarono a venire a Napoli. Grazie all’opera del Maestro in città, il Naturalismo ebbe ben presto una diffusa affermazione, che continuò a lungo. Da parte degli artisti che furono avvinti dal linguaggio caravaggesco, l’interesse per la “verità naturale” comportò l’adesione sia ad aspetti tecnici della pittura, sia a motivazioni di natura sociale, per cui si ponevano in risalto le condizioni di vita dei ceti più popolari.Dopo “Le Sette Opere di Misericordia”, vengono ingaggiati dai Governatori: Giovanni Baglione, Battistello Caracciolo, Fabrizio Santafede, Giovan Bernardo Azzolino e Giovan Vincenzo Forlì, a realizzare i dipinti sugli altri altari che saranno poi collocati nella nuova chiesa del Pio Monte, costruita da Francesco Antonio Picchiatti a partire dal 1658, sostituendo solo il dipinto di Baglione con una nuova tela di Luca Giordano. Nella nuova sede, che comprende anche il palazzo, il protagonista della scultura napoletana del Seicento, Cosimo Fanzago, disegna l’apparato scultoreo del portico, compiuto da Andrea Falcone. Anche in Quadreria sono esposte opere del XVII secolo, che narrano di una storia artistica molto ricca e varia che si svolse a Napoli in quel secolo, come la stupenda “Pietà” di Andrea Vaccaro, dipinta intorno al 1640.
Settecento napoletano
Tra i nuclei principali che formano l’attuale esposizione museale, quello che sta meglio a documentare la stagione settecentesca dell’arte napoletana è senz’altro l’esteso gruppo di dipinti proveniente dalla donazione del pittore Francesco De Mura, che lasciò al Pio Monte in eredità tutti i dipinti, tra cui molti bozzetti, in suo possesso. De Mura fu il più celebre tra gli allievi di Francesco Solimena, da cui si allontanò intorno agli Trenta del Settecento, per sviluppare uno stile proprio, distaccandosi dalla maniera monumentale del suo maestro, in favore di una ricerca espressiva non superficiale, vicina alle istanze rococò per ricchezza formale e vivacità narrativa. Dipinse cicli ad affresco in molte chiese e palazzi, tra cui il Palazzo Reale di Napoli e quello di Torino. Nella Quadreria del Pio Monte le sue opere sono esposte nella quinta sala, tradizionalmente conosciuta come Sala del Vecchio Governo, e comprendono i bozzetti per gli affreschi della chiesa dei SS. Severino e Sossio e del Palazzo Reale di Napoli.
Ritratto
Il genere del ritratto è rappresentato nella galleria del Pio Monte sia nella sua espressione di ufficialità, come nei ritratti di Carlo e Leonardo Tocco, sia nella sua dimensione più intimistica, ad esempio nel ritratto della “presunta moglie di De Mura”, o nel celebre autoritratto di Luca Giordano. Nel primo caso la rappresentazione privilegia gli aspetti riferibili allo status sociale del committente, manifesto nei due grandi ritratti equestri esposti nella prima sala, vicini ai grandi esempi spagnoli del XVII secolo. L’intrigante ritratto femminile di De Mura, collocato nella sala che del Vecchio Governo, pone ancora problemi di identificazione della dama raffigurata, dal fascino appariscente. Diversamente, una misura più interiore, un “ritratto della personalità”, si riscontra nell’autoritratto di Luca Giordano, cui la critica riconosce un posto d’eccezione, per essere probabilmente il migliore in intensità espressiva, superiore a quello degli Uffizi e a quello della Galleria Nazionale di Arte Antica di Roma.
Nella foto:
Nostra Signora della Misericordia
M. Merisi da Caravaggio, Nostra Signora della Misericordia , 1606-1607
Il 18 gennaio 1606 il Papa Paolo V concede i privilegi all'altare maggiore della chiesa del Pio Monte della Misericordia ancora in via di completamento sotto la direzione del Conforto e forse proprio i Governatori del Monte invitano Caravaggio a Napoli perché realizzi la tela per l'altare maggiore. Il 9 gennaio del 1607 vengono versati a Tiberio del Pezzo ducati 370 e per lui a Michelangelo da Caravaggio, a compimento di ducati 400 per prezzo di un quadro che ha dipinto per il Pio Monte della Misericordia. Dunque, per la prima commissione della Chiesa, i Governatori spesero la somma di 400 ducati, cioè un compenso quadruplo rispetto a quello per le tele degli altari minori, che rappresenta una cifra enorme per l'epoca, pur di assicurarsi l'opera del Merisi.Il dipinto, il cui titolo autentico è Nostra Signora della Misericordia e non Le Sette Opere di Misericordia, come usualmente è ricordato, influenzerà profondamente gli artisti napoletani del Seicento, importando a Napoli un nuovo modo di concepire la pittura.Caravaggio crea un'articolata composizione in cui tutte le Opere di Misericordia di tradizione evangelica sono raffigurate contemporaneamente, personificate in soggetti biblici o desunti dalla storia antica, ambientate in una tipica strada del centro storico della città.Sulla destra è raffigurato un becchino che trasporta un cadavere seguito dal diacono con la torcia (seppellire morti); di seguito una donna (Pero) mentre allatta un vecchio (Cimone) carcerato (visitare i carcerati e dare da mangiare agli affamati), episodio tratto dall'opera dello storico romano Valerio Massimo; al centro un giovane con copricapo piumato (San Martino) offre il mantello al povero con la stampella, in basso a terra (vestire gli ignudi e visitare gli infermi); a sinistra Sansone si disseta dalla mascella di un asino (dar da bere agli assetati) e più avanti un taverniere ospita due viaggiatori (ospitare i pellegrini). La luce che cade in modo naturale dall'alto a sinistra è accentuata dalla fiaccola sulla destra, unico esempio di luce artificiale nell'opera di Caravaggio.
informazioni e fonte: http://piomonte.napolibeniculturali.it/
Pinacoteca del Pio Monte della Misericordia
Via Tribunali 253, Napoli
+39 081446944
Orari di apertura:
tutti i giorni, compresi i festivi ore 9,00-14,00
Chiuso il mercoledì
Ingresso: intero E 5,00; ridotto gruppi E.4,00
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