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  • SPOT 2 - A Piece of my Art, Roberto Amoroso - dal 24 settembre al 12 ottobre 2009, Museo MADRE, Napoli



    a cura di Adriana Rispoli - Eugenio Viola

    SPOT è un progetto che si sviluppa attraverso un ciclo di mostre dedicato ai giovani artisti napoletani alle prime esperienze espositive che si alternano a quelle della serie TRANSIT, di cui la seconda tappa recentemente conclusasi ha riaperto il 9 settembre negli spazi di PiST come evento collaterale della XI Biennale di Istanbul.
    SPOT nasce con l’obiettivo di accendere i riflettori per brevi periodi su uno scenario spesso ancora sommerso e trasversale, per favorire una maggiore osmosi tra il museo e il territorio in ossequio alla mission della Project Room che si connota ulteriormente come laboratorio sperimentale di idee, proposte e ipotesi progettuali.
    L’installazione gioca su due livelli: uno materico, l’altro metaforico. La Project Room è completamente rivestita da un wall-paper che introduce il visitatore in una dimensione metamorfica: una serie di ibridi umano/animale emerge dalle pareti. L’intera architettura compositiva assume un aspetto visionario: gli esseri inquietanti che la abitano sembrano bloccati nell’attimo prima di rovinare al suolo.
    Il lavoro di Amoroso è caratterizzato dalla reinterpretazione di stimoli culturali eterogenei. I riferimenti iconografici desunti sia dalla storia dell’arte - le rappresentazioni delle gigantomachie e la postura della statuaria classica - che dalle riviste patinate di moda si fondono agli spunti teorici: teriomorfismo (ibridazione uomo/animale) e cyborg (ibridazione uomo/macchina), sono cifre dialettiche e stilistiche tipiche della sensibilità del Post-Human. La matericità dell’installazione è contraddetta dalla performance dell’artista che per l’intera durata della mostra, armato di personal computer, “dona” una piccola porzione dell’opera a tutti i visitatori muniti di chiavetta usb che feticisticamente possono così impadronirsene e riprodurla a piacimento.
    L’azione performativa chiarifica il gioco di parole che dà il titolo alla mostra, preso in prestito da una famosa canzone di Janis Joplin: Piece of my Heart, quasi a suggerire ironicamente l’equivalenza un pezzo del mio cuore / un pezzo della mia arte, un gesto che con l’ausilio tecnologico da simbolico diventa letterale. Un ulteriore arricchimento di senso è dato dal sonoro dell’installazione: la canzone originale è sottoposta al processo di scomposizione tipico del download analogamente a quanto subisce l’opera attraverso la performance. L’audio deframmentato è ridotto ad una sequenza di sonorità noise.
    A piece of my Art è una installazione sinestetica, emblematica del passaggio dall’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica a quello dell’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità digitale, dove l’artista si esprime come forma de-soggettivata mentre l’opera tende a manifestarsi come prodotto impersonale e dispositivo di comunicazione de-realizzato che rende sempre più evanescenti la nozione di diritto d’autore.
    Informazioni e fonte: www.museomadre.it

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